Il Deserto Occidentale o Gran Mare di Sabbia, che da solo occupa i due terzi del territorio egiziano, si estende dall’oasi di Siwa a nord fino ai massicci montuosi del Gilf Kebir e del Gebel Uweinat quasi ai confini con Sudan e Libia, mentre ad ovest prosegue con continuità nel deserto libico.
Si tratta di una delle aree più aride del pianeta. Unici punti di vita sono le grandi oasi di Baharia, Siwa, Farafra, Dakhla e Kharga, sui margini orientali e già abitate fin dagli arbori della storia dell’uomo a partire da 10.000 anni fa.
Le piogge sono scarsissime (ogni 3-5 anni) ma le falde sotterranee (fossili, quindi non rinnovabili) sono abbondanti, anche se profonde.
E’ ricco di dune enormi, immense, di sabbia finissima, alte anche 200 – 300 metri con un andamento più o meno parallelo, salvo accavallarsi in alcuni punti costringendo le auto prima a salire e poi scendere con discese estremamente ripide.
Nel Sahara egiziano alla ricerca della mitica Oasi di Zarzora
Un viaggio di 16 giorni attraverso il deserto al termine del quale avremo percorso circa 3000 km.
Esploratori e archeologi hanno cercato invano per anni la mitica Oasi di Zarzura nel Deserto Libico. Ne abbiamo notizie da manoscritti arabi del XV secolo ma non vi è più traccia della mitica città dalle bianche mura.
OASI DI FARAFRA
Dall’oasi di Bahariya la strada scende gradatamente verso la grande Depressione di Farafra. Sono pochi i resti dell’antico abitato. La maggior parte degli abitanti ha abbandonato le vecchie abitazioni per trasferirsi nei nuovi quartieri. Rimangono poche famiglie, qualche negozio, stalle per gli animali e tante macerie.
IL DESERTO BIANCO
Il Deserto Bianco è sicuramente una delle zone più belle e suggestive del Deserto Occidentale egiziano. Circonda la depressione dell’oasi di Farafra: centinaia di tavolati e pinnacoli bianchi di gesso, modellati dal vento in mille forme, che spiccano sulla sabbia gialla.
Il bianco gesso della depressione è costellato da masse rocciose nelle quali sono incastrati numerosi fossili di conchiglie. E intorno una miriade di oggetti neri, piccoli minerali di ferro dalle fogge più improbabili.
In questo deserto si verificano marcate escursioni termiche che variano da una media annua di circa 45°C durante il giorno e 6°C dopo il tramonto. Durante l’inverno le temperature nel deserto scendono spesso fino a 0°C.
Il campo viene allestito in una valle particolarmente spettacolare che si contraddistingue per la presenza di tanti piccoli “panettoni” di roccia calcarea bianca.
AMMONITE SCARP
Lasciata l’oasi di Farafra ci dirigiamo verso sud sulla strada asfaltata che attraverso il paesaggio desertico conduce all’oasi di Dakla che non raggiungiamo ma inoltrandoci nel deserto attraverso una bella località denominata Plateau di Abu Minqar ci fermiamo per la notte nei pressi di un lungo cordone di dune, in una località denominata Ammonite Scarp.
REGENFELD
“Il posto della pioggia”, un luogo mitico tra storia e leggenda.
Il nome fu dato dall’esploratore tedesco Gerhardt Rholfs che giunse in questo luogo ai bordi del Gran Mare di Sabbia il 5 febbraio 1874. Aveva finito le riserve d’acqua e si trovò in serio pericolo.
Era partito dall’Oasi di Dakhla con l’intenzione di arrivare all’Oasi di Siwa attraversando il Gran Mare si Sabbia, ben 600 km di dune Si accampò ai margini del Gran Mare di Sabbia.
Durante la notte piovve in uno dei luoghi più aridi del mondo, una pioggia copiosa che si verifica nel deserto circa ogni 20 anni.
La strada da Ammonite Scarp a Regenfeld passa parallela a cordoni di dune e vaste distese di sabbia interrotte da zone di detriti. Facciamo sosta ai piedi di una grande duna in una località denominata Grey Mud, caratterizzata da formazioni sedimentarie, resti di un antico lago.
ABU BALLAS
Abu Ballas significa il Padre delle anfore. Ad un’altitudine di 480 m sul livello del mare intorno ad una collina rocciosa, a ridosso di alcune dune, si trovano centinaia di frammenti di giare di terracotta ammucchiati ai piedi di due piccole alture. Probabilmente un deposito di acqua lungo una antica carovaniera che univa l’oasi di Dakhla in Egitto all’oasi di Cufra in Libia utilizzato dai nomadi per conservare riserve di acqua in un deserto privo di pozzi o sorgenti.
MUD GILF
A circa 20-30 Km ad est del massiccio del Gilf Kebir si trova una località denominata Mud Gilf. In una pianura si trovano allineate, come in una parata di esseri marini pietrificati, curiose formazioni di fango essicato, tutti rivolti e allineati nella stessa direzione. Sono detti “i leoni di fango” e sono il risultato dell’erosione costante del Khamsin, il terribile vento del deserto.
WADI FURA
Raggiungiamo il massiccio montuoso del Gilf Kebir entrando dalla valle denominata Wadi Wassa e da questa ci inoltriamo in una valle laterale denominata Wadi Fura, a un’altitudine di 600 m sul livello del mare. Sostiamo per il pranzo in prossimità di una bella grotta denominata “Shaw Cave” dal nome del soldato inglese che la scoprì, dove si possono amirare pitture rupestri raffiguranti scene di caccia e vacche.
Percorrendo la Wadi Fura in direzione sud-ovest si notano sulla sinistra un gruppo di basse montagne di colore scuro, le Eight Bells.
Stupiscono i contrasti cromatici del paesaggio: il colore del suolo varia dall’ocra al cipria, mentre la montagne vanno dal nero lavico al colore rosso mattone della roccia arenaria. Tre crateri di vulcani spenti fanno da cornice e ci avviciniamo alla meta, il Gebel Uweynat.
GEBEL UWEINAT
Entriamo nella depressione passando accanto a cumuli di rocce granitiche che formano tante piccole montagne ai piedi dei crateri dei vulcani che delimitano la valle e poco prima del tramonto entriamo nella valle del Wadi Karkur Tahl. Siamo nei pressi della catena montuosa del Gebel Uweinat, un massiccio montuoso di origine vulcanica che si estende in Sudan e Libia e comprende anche una depressione.
Karkur Tahl è la valle più grande della montagna. Il suo ingresso, caratterizzato da due acacie visibili per molti chilometri si apre sull’ampia pianura sabbiosa situata a margine della montagna sul lato nord-est.
In epoca preistorica le valli erano densamente popolate come attestano le centinaia di pitture rupestri e incisioni che si possono trovare lungo i lati di tutte le valli principali.
Nell’uscire dal Gebel Uweinat prcorriamo una bella pista che costeggia le montagne di Arkenu sconfinando pr alcuni chilometri in territorio libico.
Facciamo sosta in una depressione nei pressi di un sito preistorico dove è ancora presente un cippo di pietra a cui venivano legati gli animali, nei cui pressi è ancora possibile trovare resti di antichi insediamenti e qualche macina. In questo luogo troviamo anche frammenti di folgorite, raro minerale vetroso, in forma di tubicini, che si forma quando un fulmine colpisce e fonde la sabbia.
GILF KEBIR
Una grande barriera di roccia nera delimita l’altopiano del Gilf Kebir che si trova in una zona totalmente disabitata a confine tra Egitto, Libia e Sudan in un’atmosfera suggestiva.
Costeggiando il versante occidentale del massiccio del Gilf Kebir arriviamo all’imbocco dell’Aqaba Pass, la porta di ingresso alla zona più elevata della catena moltuosa. Un lungo canalone di sabbia molle ci separa dalla sommità del passo.
Il passo di El Aqaba porta alla scoperta dell’area occidentale del Gilf Kebir, sulla linea di confine con la Libia: spettacolari gruppi di pachidermiti, i pinnacoli di arenaria di Morabitum rock, sabbia bianca, rossa.
Il campo viene allestito ad un’altitudine di circa 950 m dove la temperatura della notte è quasi sotto zero.
Il giorno successivo raggiungiamo la parte più alta dell’altopiano, a quota 1021 m e sostiamo nei pressi del monumento dedicato all’attore esploratore Samir Lama.
IL SANTUARIO
Ci inoltriamo in una valle che si apre verso ovest e raggiungiamo i piedi di un’altura dove nel 2002 il Col. Mistakawi insieme ad un gruppo di Italiani guidati da Massimo Foggini scoprì uno dei siti rupestri più belli ed interessanti di tutta la zona, un santuario di 12mila anni fa, con migliaia di dipinti rupestri realizzati nell’arco di 5mila anni. In una grotta fu creato un grandioso affresco, una sorta di primordiale “Cappella Sistina”. Il governo egiziano ha eretto Gilf Kebir al rango di parco nazionale e ha onorato Foggini con una targa, posta in vista della grotta che porta il suo nome.
WADI HAMRA
Mitica valle rossa situata nella parte nord dell’altopiano del Gilf Kebir, Wadi Hamra ci appare in una veste insolita: grazie alle ultime piogge, che potrebbero risalire ad un anno fa, il fondo valle presenta un’esplosione di cespugli fioriti, erbe e piante, e la presenza di farfalle e uccelli.
Visitiamo un paio di siti di arte rupestre.
SILICA GLASS
Nell’angolo sud-occidentale al confine con Libia e Sudan, fu scoperta negli anni venti la Silica Glass, una misteriosa pietra verde, trasparente, simile al vetro, costituita al 98% da biossido di silicio. Poiché si trova solo in una piccola area si è ipotizzato che l’origine sia da attribuire alla fusione della sabbia in seguito all’impatto con un meteorite.
La maggior parte del basamento roccioso del Deserto Occidentale è costituita da Arenaria Nubiana, che risale al Cretaceo, quando la regione era coperta dal mare.
Ritiratesi le acque, rimasero alcuni grandi laghi salati, vaste depressioni e resti fossili tra la sabbia o nei conglomerati rocciosi: coralli, echinodermi, cefalopodi, nummoliti, foraminiferi. Non solo, ma quasi ovunque il paleosuolo è pieno di selci sonore, pietre metamorfiche lucenti, scaglie calcaree.
IL KHAMSIN
“Il terribile vento del deserto soffia sempre più forte sferzando le nostre autovetture. Siamo nel pieno di una tempesta di sabbia.
Più ci addentriamo all’interno di questo territorio, che appare ora molto ostile, più la visibilità peggiora.
In queste condizioni ci si deve muovere con molta cautela perché ogni dosso ogni asperità potrebbero celare un’insidia.
In mancanza di ripari naturali il campo deve essere allestito con particolari accorgimenti. Le tende per la notte vengono montate vicine e disposte su tre file al riparo del grande tendone da campo i cui ancoraggi vengono rinforzati.”