Possuelo sbarca in Canavese – Un tour di incontri in Europa per i diritti di tutti gli indios
Tappa eporediese a casa di Odina Grosso Roviera per il leader 76enne «Servono misure per tutelare i diritti di questi popoli e i loro modi di vivere»
A casa di Odina Grosso l’ultimo dei sertanisti (termine intraducibile, derivante dal portoghese “sertao”, “regione selvaggia”, che in Brasile identifica gli esperti dell’ambiente e delle abitudini degli indios) ha incontrato anche un altro amico di vecchia data, l’etnologo novarese Maurizio Leigheb, famoso documentarista, fotografo e autore di numerose pubblicazioni: l’occasione, per tutt’e tre, di ripercorrere le esperienze di viaggio ed esplorazione condivise in Africa, Amazzonia e Nuova Guinea. E l’occasione, soprattutto, per ricordare ancora una volta quanto la maggioranza della gente, non solo in Italia, non conosca la storia recente dell’Amazzonia, una storia nascosta sotto il manto della foresta. Due sono i documentari, “Sidney Possuelo, una vita per gli indios”, del 1989, e “Sidney Possuelo, il difensore degli indios”, del 1999, che Leigheb ha girato in Amazzonia e dedicato all’amico i cui nonni, tra l’altro, di cognome Ottoni, erano di origine italiana. Possuelo, che ha speso interamente la sua vita a proteggere e difendere le culture dell’America Meridionale, è stato fondatore e a lungo responsabile del “Dipartimento degli indios isolati” della “Fondazione Nazionale dell’Indio” (Funai) della quale è stato anche presidente, agli inizi degli anni ’90, e, in tale veste, è riuscito a raddoppiare le terre demarcate degli Indios, portandole da 570.000 a 1.080.000 chilometri quadrati di territori dove all’uomo bianco non è permesso entrare né avere un contatto con loro. Nel 2005, ha organizzato la prima conferenza internazionale sugli indios isolati dell’Amazzonia, svoltasi a Belem, a cui presero parte i rappresentanti di tutti gli Stati sudamericani nei quali erano gruppi di indigeni isolati. «Il problema – spiega Possuelo – è che, soprattutto in questi ultimi anni, anche i governi stanno tentando di ridurre quei confini peraltro minacciati costantemente dall’invasione occidentale mirante a farne territorio di conquista e sfruttamento delle risorse naturali. Compagnie petrolifere o minerarie, allevatori di bestiame e tagliatori illegali di legna stanno infatti cercando di strappare terra agli indios e, quel che è peggio, il loro avvicinarli è spesso foriero di malattie letali per quelle popolazioni tanto che, se tale invasione non avrà fine, queste non riusciranno a sopravvivere. Occorrono misure che tutelino i diritti di questi popoli e, soprattutto, occorre comprendere che ci sono altri modi, diversi dai nostri, di vivere il pianeta». E aggiunge: «Il progresso inteso all’occidentale, come sviluppo senza limiti, è diametralmente opposto rispetto all’idea che ne hanno gli indios: loro, infatti, vorrebbero preservare l’ambiente in cui vivono, perché lo sfruttano, ma in modo periodico, senza distruggerlo. Anche le coltivazioni durano pochi anni, poi vengono spostate. Gli indios non tagliano le piante e non bruciano e cacciano gli animali solo in certi periodi, per non distruggere la specie. Sarebbe ora di lasciare vivere per i fatti loro queste popolazioni non contattate. Per loro è meglio una vita come quella che stanno vivendo piuttosto che una da emarginati come quella che potrebbero avere nelle periferie delle grandi città». Mentre Possuelo sta girando l’Europa quale conferenziere, Leigheb si sta preparando per la mostra “Eravamo cacciatori di teste. Riti, vita e arte delle popolazioni Asmat” che sarà inaugurata il 27 settembre e che vedrà esposte al Mudec di Milano le 250 sculture Asmat della sua collezione. Odina Grosso, dal canto suo, si sta muovendo per fare dono a un museo o a un ente specializzato della propria variegata collezione di accessori e oggetti provenienti dai vari popoli isolati. (fr.fa.)