ottobre 2018 – Nepal
“Mission Saipal” – una scalata per l’emancipazione delle donne in Nepal
Nell’ottobre del 2018, evento unico nella storia dell’alpinismo del Nepal, alcuni scalatori di fama mondiale (la maggior parte sono donne) hanno partecipato ad una spedizione sul Monte Saipal per una causa sociale:
l’emancipazione delle donne nella regione.
Hanno fatto parte di questa spedizione anche quattro ragazze della regione meridionale di Saipal e ciò ha determinato un notevole impatto sulle percezioni sociali esistenti nei confronti delle donne locali.
La spedizione ha avviato anche due campi sanitari nella remota regione montuosa di Bajhang, dedicati alla salute delle donne e delle ragazze adolescenti.
Parto!
A 75 anni ho deciso di mettermi in gioco ancora una volta: scalare il Monte Saipal, una vetta dell’Himalaya molto temuta, per una missione a scopo umanitario.
A invitare me e il dott. Jozef Houben è stato l’organizzatore della spedizione, Bhojraj Bhat, un noto giornalista e regista nepalese, proprietario dell’agenzia Rara film Pvt. Ltd. che è stato ospite a casa mia a Banchette l’anno prima.
Spero di contribuire con la mia testimonianza ad affermare che
Si può fare!
Il Monte Saipal ( 7.031 metri ) è una delle più ardue vette da scalare.
Oltre un milione di turisti stranieri si reca in Nepal per trekking sull’Himalaya, ma meno dello 0,5% raggiunge la regione del Monte Saipal.
La distanza da Kathmandu a Bajhang, la mancanza di un adeguato percorso di trekking lungo la strada, l’assenza di logistica necessaria, hotel e rifugi inesistenti, sono alcuni dei fattori che hanno reso il picco pressoché inviolato. Per questo alpinisti di tutto il mondo che vogliono mettere alla prova la loro abilità affrontano la scalata del Monte Saipal, che, pur non essendo una delle cime più alte, li mette a dura prova con una salita avventurosa, emozionante e memorabile.
Il Nepal è una società profondamente conservatrice e patriarcale e il contrasto nel trattamento di uomini e donne diventa più evidente man mano che ci si allontana dalla capitale, Kathmandu.
Annidato nell’Himalaya vicino al confine cinese, il distretto di Bajhang è il più lontano da Kathmandu, sia geograficamente che culturalmente. Qui le donne comprendono il 52 percento della popolazione totale e sono soggette a numerose tradizioni sociali regressive come la Chaupadi (una pratica culturale in cui le ragazze e le donne devono rimanere con gli animali durante il loro periodo mestruale e non possono toccare altri membri della famiglia). Violenza domestica, matrimonio precoce, discriminazione sociale, carico di lavoro eccessivo sono all’ordine del giorno.
A molte vengono negati i bisogni primari come il cibo, l’igiene, l’autosufficienza economica e, soprattutto, un senso di dignità, libertà e giustizia sociale.
Con loro quattro ragazze Bajhangi locali, a cui è socialmente vietato scalare le montagne: Saraswati Thapa, Laxmi Budha, Pabitra Bohara, Sangita Rokaya.
A parte la difficoltà della salita le donne hanno dovuto affrontare una serie di ostacoli sociali e culturali. I genitori e la comunità temevano per la loro sicurezza: la scalata è impegnativa e la montagna è sacra: il mito vuole che la montagna sia la dimora di Lord Bishnu, divinità indù che riposa sul grembo di Sesnaag, un santo Dio serpente a cinque teste. L’accesso di una donna in quell’area sarebbe stata una mancanza di rispetto per il dio della montagna e la comunità sarebbe stata maledetta.
Uno sciamano locale aveva avvertito le quattro scalatrici: “Attente! Il tocco del sangue mestruale delle donne sulla superficie della montagna porterà sfortuna. Una di voi potrebbe morire!”
“Scalare qualsiasi montagna è difficile”, ha detto Thapa, “Ma nulla può essere così difficile come essere una donna nella mia società”.
“Viviamo come il bestiame, private dell’istruzione e delle strutture sanitarie, gravate dalle incessanti faccende domestiche e trattate come cittadini di seconda classe”, ha detto Thapa. “Paragonato a tutto ciò, conquistare questa cima sarà facile.”
Prima della partenza le quattro ragazze Nepalesi hanno spiegato le motivazioni per cui hanno aderito al progetto.
Saraswati Thapa, 19 anni, è cresciuta a Bajhang, in una famiglia povera. I suoi genitori lavorano i campi, ma il raccolto non basta a sfamare la famiglia nemmeno per sei mesi all’anno. La sua storia non è un’eccezione: in questa regione molte giovani vivono con le loro famiglie in condizioni di estrema povertà.
Ma Thapa ha voluto ribellarsi a tutto ciò: con altre giovani donne coraggiose ha deciso di fare qualcosa che lasciasse il loro paese senza fiato.
Per Laxmi Budha la spedizione è qualcosa di più prezioso della sua vita. E’ un ex bambino soldato che ha combattuto con ribelli per più di un decennio contro il governo contro lo sfruttamento politico e socioeconomico. Ora, rimette la sua vita in pericolo per continuare la sua lotta per l’emancipazione delle donne della regione.
Madre di una figlia di quattro anni, Budha ha il pieno sostegno di suo marito in questa spedizione.
“Voglio abbattere i miti sulle donne” ha detto con accanita determinazione negli occhi. “Sto prendendo il coraggio di intraprendere un’impresa inimmaginabile nella mia comunità e nel paese”.
Pabitra Bohara, sogna di diventare una fonte di ispirazione per i suoi quattro fratelli più giovani per rompere le catene della società e sfuggire al destino che ha dovuto affrontare. Inoltre vuole attirare l’attenzione del mondo sulla “sua montagna”.
“Voglio mostrare al mondo l’estrema bellezza del Monte Saipal e quanto sia difficile la vita per le donne che alle sue pendici” ha detto. “La salita al monte non sarà solo una vittoria per me, ma sarà una simbolica trascendenza della situazione delle donne in questi luoghi.”
Sangita Rokaya, crede che la sua conquista della vetta sarà uno schiaffo ai conservatori che da generazioni hanno vittimizzato le donne locali in nome di norme religiose e culturali.
Dopo essere tornata dalla montagna, vuole lavorare per il benessere e l’emancipazione delle ragazze e delle donne della sua comunità.
Durante la spedizione è stato realizzato il documentario “Mission Saipal”. Il 100% del fondo raccolto dall’associazione benefica del documentario è destinato a Bajhang, per apportare un cambiamento positivo nella vita delle ragazze e delle donne.