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luglio 1996 Brasile – stato del Pará

partenza dalla città di Santarem alla ricerca degli Zo’é-Poturu

Capo spedizione dott. Jozef Houben

Il viaggio è sempre stato nella storia dell’umanità un importante aspetto di vita: ci porta amici, sentimenti e insoliti compagni.
Per me è stato un modo di incontrare sia la natura sia gli uomini; ho sempre cercato di accettare senza chiedere spiegazioni, di accogliere senza remore, di fermare in una foto grandi orizzonti e la vita così come si svolge nella sua semplicità.

Questo è stato per me uno dei viaggi più intensi.

I ricordi di questa spedizione sono tanti, riviverla mi riporta la fatica (fisica e mentale) e i tanti scampati pericoli, ma anche i sorrisi e la capacità degli Indios di fondersi con la natura, che governa la loro vita. E ancora una volta non posso che essere grata delle infinite emozioni che il viaggio e l’umanità hanno lasciato nella mia esistenza, perché io potessi raccontarle con le immagini, prima che con le parole.

I primi viaggi, a contatto con etnie allora ancora isolate dal resto del mondo, suscitarono in me l’interesse e la curiosità per quelle popolazioni, di cui si supponeva l’esistenza, ma pochi avevano contattato.

Spinta da uno spirito avventuroso e a volte un po’ incosciente e da un forte desiderio di conoscenza, nel luglio 1996 prende vita una spedizione per raggiungere la popolazione Zo’é-Poturu, nello stato del Pará, in Brasile.

Gli Zo’é-Poturu furono individuati per la prima volta nel 1975, durante alcuni voli di ricognizione volti alla ricerca di siti minerari.
Immediatamente furono inviati alcuni esperti per stabilire un primo contatto, ma questi dovettero ritirarsi a causa dell’atteggiamento ostile degli Indios.
Nel 1982, a seguito dell’infiltrazione dei garimpeiros nella zona, i missionari del MNTB (Missao Novas Tribos do Brazil), con il consenso del FUNAI, l’ente governativo brasiliano per gli Affari Indigeni, avviarono un programma per installare una missione nei pressi dei villaggi indigeni.
Dopo un periodo di diffidenza e ostilità, nel 1988, finalmente, un posto missionario fu stabilito a Base Esperanca, a tre giorni di marcia dai villaggi.
Il nome Poturu, dato dai missionari agli Zo’é, deriva dal legno dell’albero usato per fabbricare l’errembapat o embepo, il cilindro di legno lungo 10-15 centimetri, che trafigge la pelle tra il labbro inferiore e il mento di uomini e donne, che lo portano dall’età di sei anni, prima della comparsa dei denti permanenti, e che viene sostituito ogni tre/quattro settimane.
Purtroppo il contatto con i missionari causò l’introduzione tra gli Indios di numerose malattie per loro letali al punto di rischiare di decimarli.
La FUNAI quindi, dopo tre anni, impose la chiusura di Base Esperanca e avviò numerose campagne di vaccinazione e assistenza sanitaria.
Tutta l’area venne posta sotto tutela e da allora occorre un permesso specifico per potervi accedere.

Prima di intraprendere il viaggio avevamo presentato alla FUNAI un progetto per vaccinare gli Indios contro l’influenza, causa di innumerevoli morti, ma avevamo inutilmente atteso una risposta. Decidemmo di partire ugualmente.

Siamo partiti dall’aeroporto di Santarem un martedì pomeriggio con un piccolo aereo e, sorvolando la Foresta Amazzonica, siamo atterrati sulla pista dei garimpeiros1996 Brasile, presso la miniera di Sant’Anna, una minuscola striscia senza vegetazione in mezzo alla distesa verde della giungla.

Al nostro arrivo due dei quattro garimpeiros che ci guideranno, ci accolgono, senza tanti convenevoli, nella loro capanna di legno con il tetto ricoperto da foglie di banano, arredata con l’essenziale e poco confortevole. Dopo aver scaricato il nostro voluminoso e pesante equipaggiamento, il pilota Alamao ci saluta, dandoci appuntamento per la fine di agosto alla pista di partenza.
In quel momento ci rendiamo conto di essere completamente isolati dal resto del mondo e con i garimpeiros come guide, con un certo timore,  iniziamo la nostra avventura.

1996 BrasilePoche sono le informazioni in nostro possesso sulla localizzazione dei villaggi della Tribù Zo’é-Poturu e la nostra guida, Pedro, uno dei tre garimpeiros che ci accompagnano, soltanto in quel momento ci comunica di non essere a conoscenza della posizione geografica esatta dei villaggi e di non aver mai visto o incontrato alcun Indios Zo’é.
L’unica informazione per raggiungere questa tribù è un semplice pezzo di carta, con un tracciato a mano della zona, che alla fine però si rivelerà sufficientemente preciso.
Il cammino all’interno della foresta è estremamente duro e insidioso. Numerosi pericoli, infatti, si celano nell’inferno verde: alberi e cespugli spinosi, serpenti, tarantole, giaguari, innumerevoli piccoli insetti che ci coprono tutto il corpo di punture. Si avanza solo con l’aiuto del machete e Pedro, con Jouan e José, i nostri portatori, deve lavorare molto per aprire un passaggio tra la fitta vegetazione che raramente lascia filtrare i raggi del sole.

1996 Brasile
Il cammino è inoltre ostacolato dalla presenza di colline e corsi d’acqua. Per questi motivi, dopo due giorni, siamo costretti ad abbandonare molto dell’equipaggiamento che ci siamo portati, a cominciare dal cibo, che ci procuriamo quindi cacciando nella foresta. Nei giorni seguenti terremo con noi soltanto l’essenziale ed il resto del materiale verrà abbandonato.
Finalmente, dopo sette giorni di estenuante cammino, spesso sotto una pioggia insistente, ecco un campo di manioca, abbandonato precedentemente dagli Indios: ne rimaniamo sorpresi e increduli.
Dopo un’ora di ulteriore cammino, gli occhi esperti della nostra guida rilevano attorno a noi le prime tracce della presenza degli Indios: rami spezzati, una gerla, fatta con foglie di palma,  abbandonata  ed infine delle impronte di piedi nel fango. A questo punto siamo certi di essere vicini alla meta e poco dopo scopriamo un sentiero che ci porta direttamente al villaggio Kuruaty, ben nascosto all’interno della foresta.
Appena ci vengono incontro i primi Indios Zo’é-Poturu ci pervade un’intensa emozione. Ci rendiamo conto di aver realizzato  una spedizione davvero difficile…quasi impossibile.

1996 BrasileRassicurati dal fatto che gli Indios ci appaiono miti e non ostili, esploriamo il villaggio e ci sediamo, in modo casuale, in mezzo a loro. Tra gli Indios notiamo un uomo brasiliano e ci rendiamo conto che è un funzionario della FUNAI, l’Ente Nazionale preposto alla protezione degli Indios; il suo nome è Carlos e ci chiede subito da dove veniamo e se siamo in possesso di regolare permesso, che ovviamente non abbiamo.
Carlos ci consente di trascorrere soltanto una notte al villaggio; il giorno successivo dovremo partire per raggiungere un secondo villaggio. Nonostante il divieto assoluto di fotografare e filmare, trasportati dall’emozione, riusciamo ad effettuare qualche ripresa da lontano e a scattare qualche diapositiva.
Le nostre guide garimpeiros, preoccupate per eventuali denunce, ci lasciano per ritornare alla loro miniera e noi proseguiamo il viaggio, con gli indios che ci portano i bagagli, fino al secondo villaggio, che raggiungiamo dopo sette ore di cammino, attraversando fiumi in piena, paludi insidiose ed infidi terreni argillosi, che mettono a dura prova il nostro fisico e il nostro coraggio.
Al villaggio Naret ci accoglie un’antropologa, Nadia Havt, che sta effettuando ricerche sulla tribù Zo’é-Poturu. Saputo che non abbiamo alcun permesso, non ci permette di restare a dormire la notte e ci impone di proseguire verso il terzo villaggio.

Raggiungiamo il terzo villaggio, Cuminapanema (sede della FUNAI), a notte fonda dove João, funzionario FUNAI, che ci stava aspettando, ci sequestra tutti gli apparecchi fotografici e ci ordina il rientro immediato a Santarem.

La controversia si risolve il giorno dopo con un compromesso: tra di noi c’è un medico il quale si propone di visitare tutti gli Indios, circa una ventina, di stendere le diagnosi per ciascuno e di effettuare i primi interventi terapeutici. Così il nostro soggiorno tra i Poturu viene prolungato di una settimana.

La lista dei pazienti curati dal dott. Jozef Houben:


DEIBOU: donna bronchite
PAHI-HU: donna 46 anni stomatite
KURUPAI: uomo 64 bronchite
SARI: 49 sospetto malaria
SARAKUT: uomo 64 bronchite
TUHU: donna 64 bronchite
NAMI’HU: uomo 29 congiuntivite
KURUPA: uomo diarrea
UA’HU: uomo 34 bronchite
TEHU: uomo bronchite
ZARARAK: donna 74 artrosi
PAE ATARAJIT: donna neonata congiuntivite
KUNAMIZJU bambino congiuntivite
TEHE’A: donna bronchite
E’HE: donna 30 ulcera gamba sinistra (leishmaniasis?)

Alcuni oggetti raccolti presso la Popolazione Zo’é