agosto 1999 Stato di Amazonas Brasile – Popolazione Matis
A sud della città di Tabatinga – Vale do Javari – al confine con lo stato del Perù – lungo il rio Itui
Viaggio con il documentarista, scrittore, etnologo Maurizio Leigheb
Nelle regioni più remote della foresta pluviale amazzonica brasiliana vivono tribù che non hanno alcun contatto con il mondo esterno.
Per le tribù isolate del Brasile, il contatto si è più e più volte concluso con autentiche catastrofi.
A causa del loro isolamento, questi popoli non hanno sviluppato difese immunitarie verso malattie altrove comuni e per questo sono sempre estremamente vulnerabili.
La popolazione dei Matis è una di quelle che si sono dimezzate dopo il primo contatto. Le malattie importate dagli invasori hanno sterminato i suoi giovani, gli anziani e anche gli sciamani.
Oggi la popolazione dei Matis conta poco più di 300 persone, ma la loro situazione sanitaria è ancora preoccupante, mentre la penetrazione di invasori di ogni sorta ne minaccia l’integrità territoriale e quindi socio-culturale.
Il primo contatto sporadico nella metà degli anni Settanta, attraverso il fronte di attrazione della FUNAI, diffondendo però epeidemie che hanno portato così il gruppo quasi all’estinzione.
Dal mio diario:
“ Concordati i regali da offrire al capo – ami da pesca, gasolio – e chiesto il permesso d’ingresso, scendiamo lungo il fiume per tre giorni di barca, prima di raggiungere il villaggio dei Matis.
I Matis, avvisati del nostro arrivo ci accolgono in modo pacifico, al pieno del loro gruppo: circa 100 persone.
Uomini e donne sono coperti di tatuaggi, ma pochi indossano gli ornamenti. Gli uomini hanno un piccolo bastoncino nei lobi auricolari, mentre le donne nel mento. Tutti usano le collane.
Ragazze e ragazzi hanno qualche indumento occidentale, le donne portano un gonnellino ma tengono il seno scoperto, mentre gli anziani sono quasi tutti nudi…
…Mi trattengo una decina di giorni. Li seguo nella caccia, nella pesca, rimango con le donne e i bambini in capanne a loro riservate.
Il capo, Kanica, mi assegna una capanna, ma preferisco montare la mia tenda, visto l’assalto di insetti di ogni tipo e il timore di serpenti, ragni e tarantole.
Gli uomini partono al mattino presto, le donne restano al villaggio lavorando.
Tra loro le mie giornate sono piene e mi sento a mio agio.”
Il destino di questi Indios non contattati mi preoccupa e ogni volta che mi allontano da loro mi chiedo se questi sopravviveranno all’avanzata sempre più rapida della nostra società, che non ha nessun rispetto per chi vuole continuare a vivere nel proprio habitat, secondo il proprio modo di vita.
La mia speranza è che ogni mio viaggio e ritorno siano testimonianza dell’esistenza e della volontà di vivere di popoli che solo alcuni irriducibili eroi romantici, come Sidney Possuelo, sono determinati a salvare.
Ornamenti Facciali
Il contatto (con altri gruppi) ha certamente disturbato il rapporto dei Matis con i loro ornamenti. Alcuni caddero in disuso, mentre furono introdotti nuovi elementi che cominciarono ad essere usati come ornamenti tradizionali; essi furono usati solo dopo una certa età. Gli anziani si lamentavano del fatto che i giovani sembravano donne e Nawa (bianchi), non indios. Essi dicevano che gli adulti precedentemente usavano una serie completa di ornamenti, ma durante gli ultimi decenni, la maggior parte delle persone aveva abbandonato l’uso di tali ornamenti. Nondimeno, anche se l’ideale ornamentazione non viene più fatta, i Matis non hanno dimenticato l’ordine in cui gli ornamenti dovrebbero essere acquisiti e messi.
La sequenza degli ornamenti
I bambini Matis ricevono il loro primo piercing – sul lato del’ orecchio – all’età di 4 o 5 anni. Poi può essere inserito un bastoncino molto sottile, il primo “pant” (orecchio pendente). Con il passare degli anni il diametro dei bastoncini di legno viene accresciuto fino al punto in cui attraverso il buco può passare un dito, il che significa che i bastoncini possono essere sostituiti da un disco chiamato “Tawa” . Verso gli 8 anni, anche il naso dei bambini è forato per inserirvi il primo paio di “Demush”(peli come quelli che crescono sul muso dei mammiferi); questi sono sottili aghi neri fatti di fibra di palma. Come per la perforazione dell’orecchio, il processo dura parecchi anni. Il numero dei Demush aumenta fino a che il naso è quasi completamente coperto, anche 10 “Demush” per narice.
Il prossimo passo riguarda l’apertura del setto nasale per inserirvi il pendente chiamato Detashkete. Continua il principio dell’allargamento graduale, ma, come nel caso del “pant” (orecchio pendente), solo gli uomini raggiungono l’ultimo stadio che consiste nella sostituzione dei piccoli bastoncini con “Detashkete” più sofisticati, un oggetto fatto di una parte di conchiglia di molluschi gasteropodi.
Poi, al momento della pubertà, è tempo di forare il labbro inferiore: al momento del loro primo rapporto sessuale le donne incominciano ad usare il “Kwiot” (decorazione labiale), fatto di legno delicatamente decorato. Del “Kwiot” le donne hanno una gran cura.
Gli uomini hanno un ornamento messo attraverso il labbro superiore. Questo è dato dal fatto che per i Matis ciò che è posto più in alto è maschile, mentre ciò che è posto più in basso è femminile (ad esempio, l’amaca dell’uomo è sempre posta più in alto di quella della donna). I capi famiglia usano generalmente una decorazione labiale fatta di legno nero.
Due o tre anni dopo il primo “Kwiot”, a volte prima, in relazione alla periodicità dei rituali, arriva il momento del primo Muscha o tatuaggio: sono applicate due linee parallele sulle tempie e sulle guance durante un rituale, il momento culminante della vita cerimoniale dei Matis. Nel rituale i giovani di entrambi i sessi sono tatuati contemporaneamente e in identico modo.
Tra i 16 e i 20 anni, ora in piena età adulta, gli uomini fanno un foro sul viso per separare la mascella e la guancia: questa operazione permette di inserire poi il “Mananukit”, lunghi bastoncini abbastanza fini, fatti di palma nera. Come nel caso del Kwiot, in passato il numero dei Mananukit usati era maggiore rispetto ad ora.
Durante la cerimonia del secondo tatuaggio, ogni giovane, uomo e donna, è tatuato con una serie di linee parallele (in numero da 6 a 8) sulla guancia sinistra e poi sulla destra. Il numero di linee disegnate su ognuna guancia è sempre differente. Si può osservare che nel corso di un singolo rito, alcuni ragazzi sono tatuati sulle tempie e sulla fronte, mentre i più anziani sulle guance. I Matis insistono su una differenza: la prima procedura (fronte e tempia) è più dolorosa della seconda (guancia).
Il graduale processo di acquisizione degli ornamenti segna puntualmente gli stadi della maturazione dell’individuo all’interno di un ordine prestabilito. Non ci si deve stupire di questo, dato che i Matis hanno una veduta del tutto lineare dell’esistenza, che è vista come una successione di stadi preordinati, una graduale evoluzione verso la vecchiaia, grandemente stimata.
Qui i processi di maturazione e le questioni relative all’età sono di grande importanza, dal momento che essi pensano che ogni cosa debba avvenire al suo momento: anche la conoscenza di ogni tipo di cibo è gerarchica. Le carni sono introdotte gradualmente nella dieta delle persone; un uomo dovrebbe sapere come cacciare con una ciarbottana, prima di cacciare con l’arco; una donna dovrebbe sapere come costruire un’amaca, prima di imparare a fare i vasi, e così via. Le tecniche e le conoscenze dovrebbero essere acquisite gradualmente e l’acquisizione degli ornamenti è parte della stessa logica. Imposti in un ordine predeterminato, gli ornamenti costituiscono un vero punto di divisione tra gli stadi della vita, dando un concreto modello del predominio gerarchico che i Matis attribuiscono alla vecchiaia e alla maturità.
Onnipresente nei discorsi rivolti ai bambini, i Mariwin sono antenati comuni (impersonali) il cui ruolo è quello di colpire i bambini, con l’obiettivo di rafforzarli, disciplinarli e renderli più attivi e vigorosi. Molte volte, in rappresentanza degli spiriti ancestrali, gli adulti ornati con maschere, riforniti di aste, arrivano al villaggio, muovendosi, chinandosi e ringhiando in un modo molto spaventoso.
fonte: https://pib.socioambiental.org/es/Povo:Matis