gennaio 2013 -Equatoria, un viaggio in Sud Sudan
alla scoperta della cultura nilo-camitica del gruppo Ateker
Un viaggio tra avventura e aiuti umanitari
Con Roberto Pattarin, responsabile del viaggio, Silvia Molteni, Massimo Ratti, Claudia, Andrea, Helene e Giovanni
” Ogni volta di ritorno da un viaggio il mio cuore, i miei occhi, la mia persona sono stracolmi di emozioni; come sempre viaggiando mi trovo a compiere due viaggi paralleli: l’uno attraverso la nazione, la natura e la gente del luogo; l’altro attraverso l’io profondo e, ogni volta, la mia persona ne esce più arricchita, più forte e più consapevole di se stessa.
Viaggiare mi consente di incontrare e immortalare persone, sguardi, sorrisi che rimarranno indelebili nel mio cuore; piccoli gesti creano legami intensi e indissolubili che superano le difficoltà linguistiche e le differenze culturali.
Proprio per questo, sulla base della lunga esperienza e conoscenza del Dott. Roberto Pattarin del Sud Sudan, vorrei continuare il mio viaggio attraverso questo splendido Paese, contribuendo, per quanto mi sia possibile, alle opere umanitarie da lui iniziate e portate avanti, tra le quali la costruzione di pozzi d’acqua e il sostegno di alcuni giovani per proseguire gli studi, affinché possano divenire importante supporto per la costruzione consapevole della loro Nazione. “
Odina
VIAGGIO DI INCONTRI, SGUARDI E SALUTI
dal diario di Silvia Molteni
A Nairobi capiamo che questo viaggio sarà diverso: sull’aereo per Lodwar, all’estremo nord del Kenya, siamo gli unici bianchi e fino al nostro ritorno non vedremo un turista.
I Turkana
Trascorriamo i primi giorni in pieno relax in terra Turkana in compagnia di Charles, taciturno autista, e Peter, il nostro referente sempre sorridente.
Ellye Bay, sul Lago Turkana, è un ambiente da favola: dune di sabbia bianca, palmeti e dromedari, sorgenti calde: il tragitto fino a Lokichoggio, al confine col Sud Sudan, è anche l’occasione per avere i primi contatti con la cultura Turkana, visitando qualche piccolo villaggio di questa etnia seminomade che vive di pastorizia.
Con cordialità veniamo accolti dal capo villaggio, dalle donne e dai bambini, tutti incuriositi e divertiti per la nostra insolita presenza. I loro sguardi sono cordiali.
Le donne indossano numerose collane di perline rosse, gialle, blu, verdi o bianche che formano dei veri e propri collari; i capelli sono per lo più rasati con qualche treccina e sulla pelle d’ebano spesso presentano scarificazioni come ulteriore ornamento del proprio corpo.
Vivono in piccole capanne costruite con ramaglie: all’interno sono molto spoglie, c’è l’essenziale e a volte neanche quello: qualche pelle di capra stesa per terra e zucche scavate usate come contenitori, al centro un focolare.
I Toposa
Lasciati Peter e Charles in Kenya, i giorni successivi vedono il nostro trasferimento in Sud Sudan accompagnati da Mousa e Saac, i nostri due autisti e da Jerome, il referente della KDI, la ONG locale con cui realizziamo i progetti umanitari. Qui abbiamo come punto di riferimento la missione di padre Paul a Kapoeta, dove incontriamo anche i ragazzi studenti sostenuti dall’AMI: Abraham, Sylvester, Charles, Santina e Jency, che ci ringraziano per il supporto economico, ci mostrano le loro pagelle di profitto e ci confidano i loro progetti futuri. Partiti da Kapoeta, trascorriamo giornate intense di incontri ed emozioni, visitando numerosi villaggi Toposa.
A Paringa uno stuolo di bambini “armati” ciascuno di arco e freccia ci accerchiano caldamente e ci accolgono festosi, le donne ci mostrano le loro stole di pelle di capra adornate di perline colorate, le loro collane e le cinture variopinte. Poi è la volta di Narakadai, dove assistiamo a un’interessante celebrazione in cui donne in costumi tradizionali e uomini in tenuta mimetica ballano e marciano cantando, simulando atti di guerra di fronte alle autorità per dimostrare la loro forza e incutere timore agli avversari. Ci spostiamo quindi a Mogos, dove partecipiamo accanto alle autorità a un’importante evento: la restituzione al villaggio di un bambino rapito dalla popolazioni Jie.
Alternativamente gli uomini più autorevoli prendono la parola, tutti dimostrando una vera e propria arte oratoria, capace di intrattenere per ore il pubblico e anche noi veniamo chiamati a dare il nostro piccolo contributo, affinchè la pace e la fratellanza si diffondano tra le varie tribù.
Villaggio Nak Nak
Infine visitiamo Nak Nak, villaggio sorto nei pressi delle miniere d’oro, dove uomini, donne e bambini, accovacciati a terra e noncuranti del sole cocente, lavorano per ore e ore alla ricerca di qualche grammo di questo prezioso metallo.
I Jie
Essendo in Equatoria abbiamo l’occasione di visitare anche due villaggi Jie.
Come al solito veniamo accolti con grande festa dai più piccoli, ai quali distribuiamo caramelle e biscotti: è sempre una grande gioia, che colma il cuore, essere ricambiati dai loro innocenti sorrisi e vedere queste piccole mani protendersi alla ricerca di qualcosa da mangiare è davvero struggente!
Alcune donne restano affascinate dai miei capelli lisci, subito iniziano a toccarli per accertarsi che siano veri e mi conducono presso le loro capanne per farmi le treccine!
Sono zone dell’entroterra sudanese davvero remote. L’unica fonte idrica è data da alcune pozze di acqua fangosa scavate per terra, dove si abbeverano uomini e animali.
Non appena mostriamo i farmaci tutti accorrono con la speranza di farsi somministrare qualche medicina miracolosa. Di fronte a quegli occhi imploranti aiuto, mi sento così impotente che a stento trattengo le lacrime. Sono sguardi che difficilmente dimenticherò!
Ed è ancora la natura, grande amica, che posa la sua luce sulle cose e mi fa accettare anche le ombre, creando atmosfere come quella ben descritta da Silvia Molteni nel suo diario.
Come difficilmente dimenticherò, qui a Jie, la palla infuocata del sole
mentre scende all’orizzonte, la nebbiolina crescente all’imbrunire,
le mandrie di bovini rientrare verso i recinti accudite dai pastori,
le grida dei bimbi e i canti provenienti dai villaggi,
il cielo nero tempestato di stelle splendenti,
il grande tondo luminoso della luna, la notte passata in tenda…
tutto contribuisce a intensificare il senso di libertà:
è vera e propria poesia e magia!
