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novembre 1994 Etiopia – Spedizione valli dell’Omo e del Kibish – Popolazione Suri

Capo spedizione dott. Jozef Houben

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Una vera battaglia Donga

La tribù dei Suri  vive a sudovest dell’Etiopia ad ovest del fiume Omo e sono circa 30.000 individui. Il gruppo orientale, nei ditorni di Koromu, è chiamato Ciai. Più a ovest, vicino il fiume Kibish e nei pressi di Zilmano, i Suri sono chiamati Tirma e ancora più a ovest, al confine con il Sudan, il loro nome è Kacipo o Balé. I Suri vivono di agricoltura e pastorizia; oltre a questo raccolgono bacche e vanno a caccia.

Dai racconti  di Odina in “Taccuino di viaggio”:

“… Alla fine del 1994  intraprendevamo un tentativo di inoltrarci nel territorio Suri, passando il famigerato Jeba fino al territorio dei Kacipo, lungo il fiume Kaia, sino al confine con il Sudan. Volevamo evitare il sentiero turistico classico che portava da Maji sino al fiume Kibish; da poco infatti un nuovo posto di polizia si era insediato al Kibish con soldati del nuovo governo che, in accordo con un nucleo di Suri, pretendeva un’ imposta di soggiorno da ogni occidentale che transitasse nel territorio.  Alla fine di novembre ci approvvigioniamo al mercato di Addis di cibo e oggetti da baratto (lamette, conchiglie cauri e perline) e percorriamo circa 400 Km a piedi in 5 settimane. L’interprete del NTO (National Tourist Organization), Petros Sisay,  ci aveva preceduto a Tum per cercare mulattieri disposti ad accompagnarci nell’azzardata spedizione…”

“…un ragazzo su di un albero in mezzo ad un campo di sorgo tira sassi agli uccelli che si posano. Incrociamo un gruppo che sta andando a cercare oro nel fiume con grandi scodelle lignee. La pioggia cessa solo verso l’aurora, i mulattieri che non hanno tende sono bagnati fradici. Anche nella mia tenda entra acqua. I miei abiti sono zuppi. In mattinata visitiamo Piccolà ad est, dove alcune donne polverizzano granelli di sorgo tra due pietre piatte per ottenere una farina. Nel pomeriggio saliamo al villaggio Suri di Aru, situato sulle colline vicine…

…il campo è costantemente circondato da Suri che aspettano il momento giusto per rubare qualcosa; siamo costretti a tendere intorno al campo le corde usate per legare i bagagli ai muli, invitando i Suri a rimanere al di fuori dell’area delimitata e vigilando sulle loro mosse. I giorni successivi visitiamo i villaggi dei vasti dintorni di Koromu, sempre accompagnati dai bambini, e finiamo anche nel villaggio di Dolotè, capo rituale dei Ciai della regione. Cinoi mi viene incontro, mi prende per mano e mi porta in giro per il villaggio, allontanandomi dagli altri. Sono un po’ preoccupata: la sua mano stringe con forza la mia. Devo fidarmi di lui ed infine mi porta dalle donne, che si affollano curiose intorno a me. Siamo infatti in una società caratterizzata da una netta divisione tra mondo maschile e femminile. Una decina di guerrieri montano la guardia fuori dal recinto del villaggio e nel cortile veniamo presentati a Dolotè, che indossa un cappotto militare e un cappello. Dolotè infila una piuma di struzzo nella sua barba grigia e comincia a parlare ad alta voce, muovendosi su e giù nello spiazzo; poi sgozza una capra servendosi della lama di una lancia e gli uomini si mettono a cantare uno alla volta in una cacofonia di spari. Solo qualche giorno dopo apprenderemo che la scena celebrava l’omicidio di un Bume, avvenuto lo stesso giorno.”

 

In un villaggio una donna si accorge del mio essere donna come lei: il mio abbigliamento infatti non concede nulla alla femminilità.  Mi tocca il seno per sincerarsene e mi vuole dare il bimbo che ha in braccio. Io purtroppo non capisco cosa mi sta dicendo e esito e, al mio imbarazzo nel tenerlo tra le braccia, il piccolo comincia ad urlare disperato.

La donna mi colpisce più volte interpretando i miei gesti come un rifiuto, poiché si aspettava che io prendessi il piccolo e lo attaccassi al seno per nutrirlo.

Più tardi mi viene spiegato che  è consuetudine passarsi i piccoli e attaccarli al seno, poiché il latte materno è l’unico cibo per i bambini fino ai tre anni ed è fondamentale che tutte le donne allattino i bimbi di tutti, sia per aiutarsi l’un l’altra, sia per non perdere la preziosa fonte di sostentamento.

Alcuni oggetti raccolti presso la Popolazione Suri

1994 Etiopia i Suri

bracciale maschile di metallo tagliente

1994 Etiopia i Suri

orecchini in terracotta

1994 Etiopia i Suri

bracciali maschili di avorio e pietra

1994 Etiopia i Suri

macina e contenitori di dolgu

1994 Etiopia i Suri

oggetto curativo sciamanico

1994 Etiopia i Suri

ornamento femminile per giovani donne (Balla)

1994 Etiopia i Suri

bastone da battaglia Donga

1994 Etiopia i Suri

strumenti musicali di legno e metallo (Boolbutue)

1994 Etiopia i Suri

poggiatesta (Kacella)

1994 Etiopia i Suri

piattelli labiali triangolari di legno (Burgwi)

1994 Etiopia i Suri

bastone sciamanico

1994 Etiopia i Suri

pettine legno e cotone

Gli uomini Suri corrono tutti nudi, mentre le donne indossano una gonna di cuoio. La testa dei Suri è per lo più rasata a zero, ma a volte qualche stretta striscia di capelli rimane. I guerrieri fregano il loro corpo con la cenere, oppure lo spalmano con argilla umida, in cui tracciano delle linee ondeggianti con le dita. Per questa popolazione è importante la pittura corporea: infatti dipingono tronco e viso con l’aiuto di bastoncini e steli cavi, umettati in un pigmento bianco e rosso: punti, cerchi e stelle esprimono la loro fantasia e appartenenza a diverse classi d’età.

Le donne infilano nel labbro inferiore e nei lobi delle orecchie dei dischi di argilla cotta, colorati con ocra e carbone. Intorno all’età di dieci anni i lobi delle orecchie vengono trafitti con una spina; nei fori così ottenuti vengono infilati pezzi di stelo di sorgo, più tardi sostituiti da dischi di argilla. I due incisivi inferiori vengono rimossi per consentire l’uso del piattello. Sei mesi prima del matrimonio il labbro inferiore viene inciso e nella piaga viene inserita una bacchetta di legno che verrà poi sostituita da un disco di terracotta, il cui diametro crescerà gradualmente. La donna acquisisce stima e rispetto secondo la dimensione del disco, che ne stabilisce la dote: in casi estremi il diametro arriva a più di 20 cm. Affinchè il disco labiale sia il più grande, le donne tirano il labbro inferiore mutilato per stiracchiarne il tessuto. Poichè un disco maggiore indica elasticità nei tessuti, si crede che tali donne siano in grado di sopportare più parti.

1994 Etiopia i SuriDal viaggio fatto nel 1990, in Namibia presso la popolazione Himba insieme a uno studioso di Art of Tracking, Louis Liebenberg,  e da un secondo viaggio, svoltosi in Etiopia alla fine del 1994 insieme ad un medico fiammingo, Jozef Houben, presso la tribù dei Suri, sono nati un “Taccuino di viaggio”, un emozionante racconto in immagini, e  una mostra fotografica. 1994 Etiopia i Suri

Poter esporre le foto da me scattate, non con l’occhio del fotografo, ma con quello di chi vive la scoperta dell’umanità diversa da sé, è una via di restituzione a queste popolazioni di quanto hanno saputo darmi, come assistere alla famosa Donga, la lotta con i bastoni, consapevoli che nel mondo odierno rischiano di perdere una parte della loro identità più antica.

“…Io conosco il canto dell’Africa, 

della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso, 

degli aratri sui campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè, 

ma l’Africa conosce il mio canto ? 

L’aria sulla pianura fremerà un colore che ho avuto su di me? 

E i bambini inventeranno un gioco nel quale ci sia il mio nome? 

O la luna piena farà un’ombra sulla ghiaia del viale che mi assomigli? 

E le aquile sulle colline guarderanno se ci sono ?”

Dal Film ” La mia Africa ” testo di Karen Blixen